Emiliano Poddi
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“In questo affascinante romanzo Emiliano Poddi ci racconta la storia di Leni Riefenstahl, dividendosi tra ammirazione e riprovazione… Il racconto è congegnato in maniera curiosa e originale… Leni, che ha cento anni, si immerge e nuota e filma, e noi lettori ci immergiamo con lei nell’acqua profonda inseguendo l’incantesimo di un mondo abitato da creature leggere e trasparenti.”

Dacia Maraini

“Emiliano Poddi riesce a fermare Leni Riefenstahl in un punto cieco dove possiamo provare a capire il suo enigma, e allo stesso tempo porta noi in quel punto e ci costringe a chiederci: perché Leni ci seduce? Perché i suoi film nazisti ci ipnotizzano?”

Federica Manzon, Il Piccolo

“Leni Riefenstahl danzava con gli squali. Con lo squalo. Di lei Hitler diceva: «Non conosco alcuna donna che agisca con la sua determinazione, che si mostri così appassionata del proprio lavoro. Mi ricorda il mio essere schiavo della mia missione». E il gelo corre lungo la schiena.”

Antonella Gaeta, La Repubblica

“Un romanzo che ci porta negli abissi oceanici e in quelli dell’animo umano, aiutandoci a scoprirne le asperità, ma anche le meraviglie, nonché le straordinarie capacità di rinascita.”

Carolina Pernigo, Critica Letteraria

“Un bel libro non dipende solo da una storia memorabile o da una lingua perfetta. Ha bisogno di uno sguardo. Qui ce n’è uno splendido che gira attorno ai personaggi, ai tempi e agli eventi per restituirne ogni sfumatura di complessità: un pesce tropicale che, nelle variazioni di luce, riflette meraviglia e terrore.”

Marco Amerighi

“Quello che spicca è la freddezza e il narcisismo di un’artista che aveva come obiettivo solo la realizzazione delle proprie opere.”

Graziano Graziani, Fahrenheit

“Con una prosa che è essa stessa un’immersione, tanto fluido è il periodare e cristallino è il lessico, Emiliano Poddi rappresenta con rara sensibilità umana e politica la promiscuità tra bene e male.”

Marina Poci, Il 7 Magazine

“Un libro prezioso, scritto in modo affascinante, quasi ipnotico.”

Ira Rubini, Radio Popolare

“È con la biologia che ha a che fare la scrittura di Poddi, più che con l’archeologia della storia. L’immersione è progressiva: più ci si inabissa, più si ha la sensazione di andare in destinazione ostinata e contraria rispetto a qualcosa che preveda un fondale. Si affonda, perdendosi fra la melma nera della Storia.”

Giancarlo Visitilli

“Tra immersioni e flashback, la tensione cresce tanto che il lettore finisce per aspettarsi un finale da thriller. Ma Leni Riefenstahl non si è spenta serenamente nel suo letto? O forse Poddi ha ideato un finale parallelo che si vendichi del nazismo, come quello dei Bastardi senza gloria di Quentin Tarantino?”

Angiola Codacci Pisanelli, L’Espresso

“Questa è, a tutti gli effetti, la storia nera di un personaggio sfuggente come una manta, che proviene da un altro abisso della Storia – il nazismo – e solo nell’abisso si può studiare. Perché cercare di capire Leni Riefenstahl in superficie è impossibile.”

Davide Cerreja Fus, Tropismi

“Costruito con una perfetta unità di luogo, spazio e tempo, questo romanzo è un miracolo di armonia – tutto danza nel blu delle profondità, anche la ferocia dello strano pesce Leni, donna fredda come un coltello, più interessata alla bellezza che all’umano e quindi spietata senza neppure sapere di esserlo.”

Cristina De Stefano, Elle

“Leni Riefenstahl, cinquant’anni per gamba, letteralmente, e i piedi infilati in un paio di pinne, le unghie pitturate di rosso; un piglio da sfinge, una finta innocenza un poco kitsch, una forza feroce e trattenuta, un’ambivalenza sottile, iridescente come la superficie del mare che la sovrasta.”

Ilaria Gaspari, Domani

“Mossa da propositi di incerta vendetta, Martha si trova davanti una donna che è un sinistro enigma.”

Emiliano Morreale, Il Venerdì

“Quel che interessa a Martha è una risposta a una domanda semplicissima: come ha potuto Riefenstahl essere indifferente alla sorte altrui. Il pregio del romanzo di Poddi è l’articolazione complessa e contestualizzata della risposta.”

Wlodek Goldkorn, Robinson
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A centouno anni Leni Riefenstahl nuota tranquilla sui fondali delle Maldive: è la sua ultima immersione, l’ultima volta in cui potrà catturare con i suoi scatti le creature della barriera corallina. Appena dietro di lei c’è Martha, biologa marina trentanovenne, che ha il compito di scortarla sott’acqua. In effetti Martha non è lì per caso: da moltissimo tempo segue Leni, sia pure a distanza. Per anni ha raccolto notizie sulla “regista di Hitler” e le ha riordinate in schede divise per argomenti – citazioni, incidenti, abitudini sessuali –, tutti disperati tentativi di classificazione cui quella donna enigmatica sfugge sempre.

In particolare Martha è ossessionata da Tiefland, un film che Leni ha girato nel 1941 utilizzando come comparse gli internati – soprattutto bambini – di un campo per Sinti e Rom. Una volta terminate le riprese, molti di loro finirono ad Auschwitz.

Ora Martha ha l’occasione di studiare Leni da vicino, di tornare indietro, di starle addosso. Di scoprire, forse, perché nel ’41 ha fatto quello che ha fatto alla sua famiglia.

Quest’ora sommersa mette in scena il confronto tra due donne diverse per età, origini, indole e scelte etiche. Figura dolorosa la prima, che sceglie la vita contro la morte, la biologia contro la storia; autoritaria, manipolatrice, pronta a sacrificare qualunque cosa all’estetica, la seconda: entrambe immerse in un mondo liquido dove il respiro e i movimenti seguono altre leggi, dove un’ora può dilatarsi fino ad abbracciare un secolo.

Emiliano Poddi – abilissimo nell’alternare voci e registri – costruisce un romanzo forte, in crescendo, che racconta il male gettando luce sul suo rapporto con l’arte e la sua presunta neutralità. Scritto senza mai cedere al sentimentalismo eppure così emozionante.

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Leni 

È stata una grande ballerina e non lo è stata, era dotata di uno straordinario talento e non aveva alcuna inclinazione. Prima è bellissima, poi non lo è – dipende da chi la osserva, dall’angolazione dell’inquadratura, o dalla luce –, a volte ha un bel viso, puro e grave, altre volte è carina come una svastica.

Gli uomini sono brutali con lei, la scaraventano sul letto, le strappano i vestiti di dosso, la trattano da puttana e subito dopo le mandano fiori, la chiedono in sposa, minacciano di suicidarsi, si tagliano le vene, si gettano ai suoi piedi o in un fiume nel cuore dell’inverno.

È un’attrice meravigliosa, sullo schermo non vale niente, non è neppure fotogenica, ha perfino gli occhi storti. E poi no, non sono storti, è strabismo di Venere, è quella cosa che i tedeschi chiamano Silberblick, sguardo d’argento, anche se proprio non si capisce perché.

È una nazista convinta e non è mai stata nazista, non ha mai preso la tessera del partito e ha girato tre film sulle sue agghiaccianti adunate, uno dei quali è un capolavoro. Goebbels la idolatrava e intanto la sbatteva contro un muro. Era l’amante di Hitler, ma no che non lo era, Hitler aveva la sua missione da compiere e non poteva permettersi di amare nessuna, nemmeno

Leni, lei era solo la sua cineasta, la regista del regime, ed era gelosa della propria indipendenza, sorrideva al Führer e subito dopo filmava lo strabiliante negro Jesse Owens.

E voleva bene ai bambini nuba, e anche agli zingari di Maxglan, in particolare ai piccoli Reinhardt e Winter, li adorava, e quando scappavano dal set ordinava alle ss di inseguirli. Pretendeva che le chiedessero scusa in ginocchio e si faceva chiamare zia Leni, era veramente innamorata di questi

bambini, non aveva idea che sarebbero stati assassinati, e se non si inginocchiavano diceva: E allora, nel Lager.

Quest’ora sommersa, pag.100

Maldive

Questo paradiso perfetto, questa collezione di cartoline naïf e di visioni abbacinanti come fotografie sovraesposte, questa scenografia di palme inclinate a quarantacinque gradi sulla riva del mare, di sterne che si alzano in volo al momento giusto nel tramonto, di aironi che scrutano pensosi l’orizzonte e sembrano in bilico sulle loro lunghissime zampe, di pesci che all’improvviso balzano fuori dall’acqua, di maree assidue che salgono e scendono, che svelano e poi ricoprono, di mutevoli lingue di sabbia che giorno dopo giorno si arricchiscono di nuove anse e collinette e piccoli laghi interni – tutto questo nasconde sotto la sua superficie una forza sconvolgente, un ribollire di vita sfacciato e quasi osceno.

Riesci a vederlo, Leni? Lo capisci in che posto siamo finite, tu e io?

La stessa acqua del mare, che nelle tue foto sembra così cristallina e a volte addirittura scompare tanto è limpida e ferma, ha una densità palpabile, una consistenza quasi oleosa, stracarica com’è di organismi unicellulari rivestiti da guaine viscose. La temperatura ne fa una specie di brodo primordiale saturo di zooplancton e fitoplancton, soprattutto adesso che è il periodo di caldo più intenso, quando il plancton prolifera al punto da infiltrarsi nelle orecchie e infettarle, oppure penetra nel corpo delle donne come se volesse a tutti i costi fecondarle, perché tutto qui è biologia, alle Maldive non c’è storia, soltanto biologia, una biologia che scatena la sua tremenda forza espressiva, tutta l’immaginazione di cui è capace.

Quest’ora sommersa, pagg.79-80

Martha 

Per lei sono “la ragazza dei pesci”, come mi ha definito due sere fa sulla veranda del suo bungalow, soltanto la biologa marina grazie alla quale può ancora permettersi di scendere a quindici metri e scattare le sue strepitose fotografie subacquee.

Ed è vero, Leni. È vero che sono una biologa, che conosco la barriera attorno a Gangehi e i nascondigli dei pesci. È tutto vero ma non è tutta la verità, sono molte le cose che ancora non sai. Sai che mi chiamo Martha, come il personaggio di Tiefland che tu stessa hai interpretato più di mezzo secolo fa, quando ci siamo presentate sei trasalita, me ne sono accorta, cosa credi? Dopo tutto questo tempo Martha è un nome che ti fa ancora effetto, ma non puoi nemmeno lontanamente immaginare che mia madre me l’ha dato proprio per via di Tiefland, così come non puoi sapere chi era mia madre, e anche a saperlo non è detto che te ne ricorderesti.

Ora sai dove stiamo andando perché, come ho fatto nelle altre due immersioni, te lo indico a gesti – laggiù, oltre quella distesa di coralli molli, in una depressione del fondale dove a volte stazionano le mante –, ma non sai da dove vengo, non hai idea di chi sono veramente, credi di poterti mimetizzare ma non ti sfiora il pensiero che possa mimetizzarmi anch’io, perciò vieni con me Leni, io so tutto di te e tu mi segui senza averne il minimo sospetto.

Quest’ora sommersa, pagg.26-27

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